Abstract: L’articolo si sofferma sul nesso fra funzione informativa del bilancio e invalidità della relativa delibera di approvazione, evidenziando alcuni orientamenti giurisprudenziali incentrati sulla valorizzazione dell’informazione contabile quale criterio per restringere o estendere gli spazi di impugnativa del bilancio

SOMMARIO:

  1. Introduzione. – 2. La funzione informativa del bilancio come criterio di valutazione della fondatezza dell’impugnativa. – 3. Effettività dell’informazione contabile e vizi di bilancio.

1 Introduzione

Le relazioni che abbiamo ascoltato hanno messo in evidenza, anche in una prospettiva storica, le due sostanziali direttrici dell’evoluzione del diritto contabile verso: 1) la valorizzazione della funzione informativa del bilancio d’esercizio; 2) il parziale superamento di una concezione del bilancio esclusivamente come strumento finalizzato a misurare il risultato economico dell’impresa nell’esercizio di riferimento.

Su questa premessa mi propongo di mettere a fuoco il nesso tra funzione
informativa del bilancio e nullità della relativa delibera di approvazione; la giurisprudenza sul bilancio è infatti in larghissima parte formata sulle impugnative, sicché le sentenze sulla patologia del bilancio contengono informazioni e considerazioni essenziali anche sulla fisiologia del bilancio.

2 La funzione informativa del bilancio come criterio di valutazione
della fondatezza dell’impugnativa

Il punto di partenza del ragionamento (che in questa sede possiamo assumere come pacifico in ragione del consolidato orientamento della giurisprudenza) è che i vizi di contenuto del bilancio costituiscono motivo di nullità della relativa delibera di approvazione, avente oggetto illecito in ragione della natura inderogabile delle norme contabili. Tali vizi sono schematicamente riconducibili: a) all’omissione di voci, dati o informazioni prescritti dagli artt. 2423 ss.; b) alla violazione dei criteri di iscrizione delle voci del conto economico (art. 2425-bis) o dei criteri di valutazione delle voci dello stato patrimoniale (art. 2426).

Dagli anni ’70 del secolo passato la giurisprudenza, a fronte di una crescente proliferazione delle impugnative, ha cercato un punto di equilibrio tra le esigenze di legalità e il rifiuto di una concezione ultra-formalistica del diritto contabile, che avrebbe incentivato azioni strumentali e di disturbo; la funzione informativa del bilancio è stata utilizzata dalla giurisprudenza come “filtro” per vagliare la fondatezza delle impugnative.

In questo senso le clausole generali di chiarezza, verità e correttezza svol-
gono anche una funzione selettiva dei vizi invalidanti: numerose sentenze -antecedenti come successive alla riforma del 1991 – hanno ritenuto irrilevanti vizi di chiarezza o precisione dello stato patrimoniale o del conto economico ove le informazioni adeguate ad una comprensione del bilancio siano comunque contenute nella relazione degli amministratori e dei sindaci, ovvero siano state fornite in sede assembleare.

Altra parte della giurisprudenza ha percorso sentieri diversi, ma la questio-
ne è stata ridimensionata dal diritto positivo: l’art. 2423, comma 4 [inserito dall’art. 6 comma 2, lett. b), d.lgs. 18 agosto 2015, n. 13] ha rafforzato la portata del (pre-esistente) principio di rilevanza o materialità, da intendersi nel senso che la violazione del diritto contabile (sotto tutti i profili: la norma parla di rilevazione, valutazione, presentazione e informativa) integra un vizio solo ove sia rilevante, ovvero in grado di pregiudicare effettivamente l’informazione contabile e quindi le decisioni o valutazioni di un ipotetico lettore del bilancio, interno o esterno alla compagine sociale.
Di qui una valutazione di tendenziale irrilevanza di imprecisioni inidonee a compromettere la rappresentazione e comprensione della situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società; l’applicazione di questo criterio generale evidentemente richiede una valutazione casistica volta a verificare l’effettivo impatto della specifica violazione sul bilancio nel suo complesso, con la precisazione che la rilevanza della posta censurata deve ponderarsi non in senso assoluto, ma nel contesto aziendale di riferimento, rapportando l’entità numeraria del vizio al patrimonio netto ed alle singole voci del medesimo.

3 Effettività dell’informazione contabile e vizi di bilancio
Veniamo a questo punto alla seconda parte del discorso.

In parziale controtendenza rispetto all’evoluzione di cui si è riferito, la giu-
risprudenza, fin dal 2000 (v. Cass., sez. un., 21 febbraio 2000, n. 27) ha pro-
gressivamente valorizzato la funzione informativa del bilancio, precisando che le violazioni del diritto contabile viziano il bilancio ancorché non determinino una falsa rappresentazione del risultato dell’esercizio (utile o perdita) o del patrimonio della società, bensì si traducano nell’assenza o incompletezza di informazioni richieste per ciascuna voce. Tra le decisioni più incisive, Cass., 9 maggio 2008, n. 11554: “La funzione del bilancio consiste non soltanto nel misurare gli utili e le perdite dell’impresa al termine dell’esercizio, ma anche nel fornire ai soci ed al mercato tutte le informazioni che il legislatore ha prescritto: sicché l’interesse del socio, che lo legittima ad impugnare per nullità la delibera di approvazione di un bilancio redatto in violazione delle prescrizioni legali, non dipende solo dalla frustrazione dell’aspettativa alla percezione di un dividendo, ma ben può nascere dal fatto che la poca chiarezza o la scorrettezza del bilancio non permetta al socio di avere tutte le informazioni destinate a riflettersi anche sul valore della singola quota di partecipazione”.
Questi principi sono stati ulteriormente sviluppati nell’approccio ai vizi e carenze della Relazione sulla gestione a cura degli amministratori, tema interessante per mettere a fuoco il nesso tra informazione contabile e invalidità del bilancio.
Secondo un primo orientamento i vizi attinenti al contenuto della relazione
sulla gestione sono vizi procedimentali determinanti l’annullabilità della delibera, in quanto tale documento costituisce un allegato del bilancio che non è oggetto di approvazione assembleare.
Un diverso filone di pensiero ha criticato tale ricostruzione, ritenuta troppo formalistica”, in quanto i vizi della relazione potrebbero incidere significati vamente sul contenuto del bilancio, con conseguente nullità della relativa delibera, qualora le violazioni pregiudichino la chiarezza del bilancio ovvero la sua funzione informativa: alcune informazioni contenute nella Relazione non trovano infatti riscontro in altri documenti bilancistici, come ad esempio in riferimento all’“uso da parte di società di strumenti finanziari” (art. 2428, n. 6-bis).
Sul punto la Corte di Cassazione (Cass., 2 marzo 2016, n. 4120) ha accolto
la soluzione meno formalistica ammettendo che anche i vizi della Relazione possano determinare la nullità del bilancio e della relativa delibera di approvazione: “[…] Ed invero – secondo il costante insegnamento di questa Corte – il bilancio d’esercizio di una società di capitali, che violi i precetti di chiarezza e precisione dettati dall’art. 2423 c.c., comma 2, è illecito, ed è quindi nulla la delibera assembleare con cui esso è stato approvato, non soltanto quando la violazione determini una divaricazione tra il risultato effettivo dell’esercizio, o la rappresentazione complessiva del valore patrimoniale della società, e quello del quale il bilancio dà invece contezza, ma anche in tutti i casi in cui dal bilancio stesso e dai relativi allegati non sia possibile desumere l’intera
gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte (cfr. Cass. S.U. 27/2000; Cass. 8204/2004; 4874/2006).
E non può revocarsi in dubbio che tra i suddetti allegati un ruolo essenziale, ai fini della chiarezza delle informazioni desumibili dal bilancio, sia svolto proprio dalla relazione allegata al documento contabile”.
Al di là della soluzione al problema interpretativo di cui si è riferito, è interessante mettere in evidenza due profili: 1) la Cassazione imposta il ragionamento sulla patologia del bilancio sulla sua funzione informativa; 2) le informazioni prescritte per la Relazione, ancorché estranee ed esterne al bilancio, hanno pari rilievo giuridico rispetto a quelle contenute in sede di stato patrimoniale, conto economico, rendiconto finanziario e nota integrativa: ne deriva che le informazioni concernenti “i principali rischi e incertezze cui la società è esposta”, nonché “l’evoluzione prevedibile della gestione” non possono considerarsi di stile o di contorno (salvo il regime contabile semplificato previsto per il bilancio abbreviato e per le micro-imprese).
Emerge quindi un’asimmetria che conferma come l’informazione sia la “bussola” della giurisprudenza chiamata a pronunciarsi sull’invalidità del bilancio: a) le violazioni del diritto contabile rilevano non in quanto tali, ma solo se incidano effettivamente sulla capacità informativa del bilancio; b) le violazioni in grado di compromettere la funzione informativa del bilancio sono causa di nullità anche se concernono un documento esterno al bilancio, ma funzionale ad una più corretta e completa informazione contabile.
In conclusione, l’evoluzione giurisprudenziale sugli spazi di impugnativa
conforta come tra le funzioni del bilancio e dei suoi allegati vi sia anche quella di fornire ai soci e ai terzi una chiave di lettura sulle ragionevoli prospettive e sulle possibili criticità dell’impresa in una prospettiva dinamica, non limitata al momento della chiusura dell’esercizio né al risultato espresso dal conto economico.

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